Non abbiamo bisogno di Scienziati Rockstar (ma di vedere la scienza)

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Su “provocazione” di [Yvette][1] mi sono ritrovato stamani di fronte una citazione di Brian Greene su cui mi trovo in totale disaccordo:

> “When kids look up to great scientists the way they do to great musicians and actors, civilization will jump to the next level” [― Brian Greene][2]

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In altre parole Greene sostiene che l’umanità avrebbe bisogno di un culto dello scienziato al pari del culto dei musicisti, delle rockstar e degli attori di fama.

Sebbene molto poetica come rappresentazione, ci si dimentica che mentre i gruppi autoselezionati appartenenti ad una particolare verticalità di competenze ottengono dal crowd-sourcing risultati interessanti (per non dire incredibili) sotto il punto di vista qualitativo[^001], la folla secondo il concetto manzoniano raramente ha intelligenza più alta del più stupido componente di essa.
E prima di venirmi a fare qualunque tipo di commento pensate bene a quanti italiani conoscono ed idolatrano [Robert Geoffrey Edwards][3] contro al numero che idolatra Vannoni. E tirate le fila del discorso.

IMVHO[^002] quello di cui abbiamo bisogno veramente per apprezzare la scienza NON è l’idolatrazione idolatria (esiste come parola? EDIT: no, non esiste!) delle singole figure di scienziati come RockStar, ma da un punto di vista molto più pragramtico da persona che si occupa di comunicazione e di analisi delle dinamiche di persuasione, semplicemente di COVERAGE: abbiamo bisogno, cioè, che i media (soprattutto statali) si occupino di scienza con un minutaggio pari o superiore di quello dedicato alle Arti Liberali.
Solo l’esposizione continua alla Scienza (ed alle sue indubbie meraviglie) può portare alla usufruizione dei suoi linguaggi e delle sue meraviglie, con il successivo appassionarsi all’argomento per le nuove (e non solo) generazioni.

Ne abbiamo, peraltro, un esempio vivente nei paesi di oltre cortina: parlate di musica classica con un rumeno, moldavo o russo dai 50 anni in su e vi delizierà con una conoscenza approfondita e spesso incredibile. Merito della scuola? No, merito della radio e della televisione, che dedicava una ampia porzione dei propri programmi a questo genere musicale, con la conseguenza di aver creato una generazione, se non di musicisti, almeno di cultori ed appassionati del genere.

Ed è esattamente, sempre IMVHO, quello di cui abbiamo bisogno: non milioni di scienziati (dopotutto il numero di disponibilità è piuttosto esiguo), ma milioni di appassionati e cultori che portino alla ribalta gli argomenti, diano spazio alle notizie, creino un ecosistema che porti all’orgoglio di fare parte di una categoria non solamente ben vista, ma anche ben conosciuta.

E, se ci pensate, dedicare un po’ di tempo è molto più facile che non convincere a vivere con nuovi idoli. Meno “star” e più “stare ad ascoltare”.

Estote parati.

[1]: http://blog.yvetteagostini.it/
[2]: http://it.wikipedia.org/wiki/Brian_Greene
[3]: http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Geoffrey_Edwards
[^001]: Basti pensare all’esempio di Wikipedia o di Seti
[^002]: Slang Internet per “In my very humble opinion”, “Nella mia modesta opinione”

l'autore

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
Puoi trovare informazioni su di me ed i miei contatti sul mio sito personale, compresi i link a tutti i social, mentre qui mi limito a raccogliere da oltre quattro lustri i miei pensieri sparsi.
Buona lettura.

2 commenti

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
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