(in)sicurezza: Dove finisce la paura ed inizia Internet

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Scrivo l’articolo dall’aeroporto di Bari, alla disperata ricerca di una presa di corrente. Sto per tornare a Milano dopo una giornata di
lavoro, quella di ieri a [Trani][2], come relatore al Congresso del
[Lions][3] dal tema importante “[Dignità e Diritti dei Minori][4]:
Abusi di Internet e Psicofarmaci” a cui sono intervenuto.
Non sono membro Lions e non ho alcun tipo di affiliazione, ed
oltretutto nel mio intervento sulla [censura in italia][1] sono stato
estremamente critico contro l’efficacia delle misure di censura nei
confronti della lotta alla pedopornografia.

Nulla quindi di nuovo, parrebbe. Da un lato la “Grande Paura” di
Internet e dall’altra la costante preoccupazione per il controllo. Ma
questa volta forse ho imparato qualcosa io nel modo di comunicare i
problemi di Internet e Censura.

Chiaramente le mie idee al limite dell’anarchia per quanto riguarda la
neutralità della rete e la intrinseca libertà delle informazioni in
essa contenute ben poco si conformano alla morale di protezionismo di
chi ritrova come acronimo della propria associazione “Liberty
Intelligence Our Nation Safety” ma questa volta invece di scontrarmi a
muso duro (duro e puro come al solito) ho cercato di comprendere come
mai persone di ceto sociale mediamente alto, tutte di cultura
universitaria almeno e di spiccata indole verso le libertà personali
si trovasse d’accordo con una configurazione normativa di Stato di
Polizia come quella vigente oggi nel mondo italiano della rete per
quanto riguarda i temi scottanti di Pedofilia e PedoPornografia.
Non mi sembrava semplicemente possibile e ho cercato di capire ragioni
e sentimenti.

Il quadro che ne è emerso, dopo ore ed ore di discorsi e di confronti,
sul sagrato della Cattedrale che ospitava il convegno (e vi assicuro
che parlare in una cattedrale è un’esperienza sconvolgente,
soprattutto in quella sul mare di Trani) oppure a cena o ancora sulla
strada dell’albergo mi ha aperto nuovi orizzonti che spero di
utilizzare nella divulgazione di questo strano animale che Internet.

Il concetto di base per l’adozione di norme e sistemi di controllo è
lo stesso che viene mutuato dalla televisione pubblica: le fasce
protette e la sicurezza che al minore sia consentita una navigazione
sicura quando si trova da solo di fronte al monitor. Nell’ottica dei
Lions, ma a questo punto direi nell’ottica di moltissimi, compreso
forse il legislatore, non si tratta di bloccare o di fermare, quanto
di prevenire e rendere sicuro. La paura è quella dei siti che possono
contenere immagini scioccanti, quella dei pedofili che usano le chat
per adescare, quella dell’incitamento all’utilizzo di sostanze
stupefacenti o dell’incitamento a pratiche dannose o letali. E la cura
è la censura del privato genitore (tramite prodotti di patrolling,
come NetNanny) mentre si auspica quella diretta del legislatore
(censura a livello DNS o IP).
E l’intangibilità di Internet, la sua vastità e la sua poca conoscenza
amplifica incredibilmente i pericoli percepiti, travolgendo tutti in
una sorta di “Phobia 2.0”, di “Terrore Web”, di “Apocalisse Digitale
Cosmica Di Perdizione Totale Del Minore”.

Ho imparato diversi anni fa che la cura per prevenire la paura non è
la rassicurazione totale e generale. Non serve a nulla dire ad una
persona terrorizzata dagli ascensori (non c’è nulla di
autoreferenziale, OK?!?) una frase come “tanto cosa vuoi che accada”.
Lui/lei sa benissimo “cosa vuole che accada” e vede decine se non
centinaia di scenari apocalittici.
Serve, invece, ridimensionare il rischio, magari paragonandolo ad
altre cose. Serve sapere quanti ascensori all’anno nel mondo rimangono
incastrati (veramente pochi), che esiste un secondo cavo di emergenza
se il primo si dovesse rompere (a volte anche tre) e forse anche
sapere che muoiono più persone al mondo per soffocamento con una lisca
di pesce che non per incidenti legati agli ascensori (e qui male che
vada si smette di mangiare pesce…). Oppure dire che i morti che
rotolano dalle scale sono più numerosi di quelli sugli ascensori,
facendo così capire che addirittura l’elevatore potrebbe essere un
mezzo sin più sicuro della sua controparte statica.

E allora ho provato a modificare le mie argomentazioni e spiegare
taluni concetti. Sono partito dicendo che software come NetNanny sono
aggirabili in pochissimi minuti utilizzando termini dialettali per le
stesse parti anatomiche, ma ho trovato una barriera ideologica che mi
diceva semplicemente “trovate nuove soluzioni migliori”. Poi ho avuto
l’illuminazione.

Ho spiegato ai miei interlocutori che in vent’anni di vita sul web ho
consultato centinaia di siti sulle sostanze psicotrope per informarmi,
ma che era sempre e solo nella vita reale che qualcuno mi aveva
offerto di acquistare le stesse sostanze. Ho spiegato che sono stato
invischiato in centinaia di flame war su Internet, con insulti e
minacce a gogo ma che nella realtà dei fatti le uniche volte in cui
sono tornato a casa più o meno gravemente ammaccato sono state nelle
varie discoteche e nei vari pub, per cose successe nella vita reale.
Ho provato a spiegare che benché ricercando su Internet si può trovare
della violenza gratuita questa ci viene propinata in dosi sicuramente
maggiori nel telegiornale serale o nel film in prima serata. Ho
raccontato di come la chat su Internet mi ha aiutato in periodi in cui
non volevo parlare come Matteo e di come in tutti i casi di
adescamento che conosco il tutto si sia svolto nella vita reale, in un
Sabato pomeriggio come tanti altri.
Ho spiegato che hanno paura di Internet ma che il cellulare offre gli
stessi pericoli ma hanno imparato ad accettarne l’uso, badando
semplicemente ad ignorare le telefonate sgradite. O a cambiare numero
come si può cambiare una mail.

Infine mi sono addentrato nelle paure della Pedofilia e dei contenuti
di quel tipo, chiedendo cosa credevano sarebbe successo se mai loro
figlio tredicenne si fosse imbattuto in contenuti pornografici di
ragazzi/bambini della sua età. Cosa pensate, che di certe cose non
discuta coi coetanei?

Ho spiegato loro che tutti i minorenni hanno sfogliato Playboy o
peggio. E che nessuno è divenuto un maniaco per questo motivo. Altre
cause, altri contesti, non certo uno sporadico contatto con un
contenuto che può interessare (ed allora lo si ricercherebbe anche
senza Internet), può non interessare o addirittura, ancora ricordo i
miei 12 o 13 anni e taluni compagni, addirittura schifare ;)

E, sopra a tutto, ho spiegato che ciò che mi ha difeso negli esordi di
Internet, quello che mi ha fatto da scudo di fronte a contenuti
rivoltanti o sconvolgenti, la mia barriera contro l’utilizzo di droghe
o la deviazione non è stato un filtro internet o una rete blindata, ma
l’educazione e la morale che ho ricevuto dai miei genitori e dai miei
educatori o insegnanti. Ed un pizzico di intelligenza e di senso
critico.

Non si può volere una rete sicura a priori perché il genitore non ha
tempo da passare con il figlio per provvedere alla sua formazione
morale. Non si può volere una rete sicura perché deve divenire, come
il televisore in fascia protetta, una sorta di babysitter davanti a
cui parcheggiare il pargolo per interminabili ore sicuri che “non vede
niente di male, eh!”. Non si può.

Internet è una fonte di informazioni, un mondo, un ecosistema. Non è
differente dalla vita reale, è solamente più agevole in quel contesto
pubblicare e ritrovare informazioni che nella vita reale sarebbero
comunque rintracciabili e pubblicabili.

Internet obbliga a crescere per essere usufruita ed invece di pensare
al manualetto edito dalla Polizia Postale sui rischi di Internet e su
come utilizzarlo in modo sicuro, responsabile e blindato voglio vedere
un manuale del Ministero della Salute che insegna a fare i genitori.

Sia chiaro, non ritengo necessario nessuno dei due, intendo solo fare
comprendere che dinamiche e pericoli di Internet non sono difformi
dalla vita reale, non sono differenti e devono essere trattati nello
stesso modo: parlando e spiegando. Non si può lasciare che la
televisione, Internet, Dio, il Furby siano la fonte di informazione e
di educazione di un bimbo/ragazzino che probabilmente ha solo
necessità di una cosa: qualcuno che gli spieghi come funzionano le
cose e la vita. Che sia un genitore o lo stato, che sia un educatore o
un parente o un amico, non ha importanza.

E a questo punto, vedendo le facce dei presenti scure ma annuenti ho
capito che, forse, per una volta ero riuscito a esprimere un concetto
che sono anni che cerco di formulare.

Non si protegge un bambino dalla vita, gli si insegna ad comprenderla
e affrontarla.

Non si protegge un bambino da Internet: gli si insegna a comprenderla
ed affrontarla.

Estote parati.

[1]: http://www.lastknight.com/2007/03/03/eludere-i-controlli-di-polizia-il-video-completo/
[2]: http://it.wikipedia.org/wiki/Trani
[3]: http://en.wikipedia.org/wiki/Lions_Clubs_International
[4]: http://www.temadistudionazionalelions.org/index.php?option=com_content&task=view&id=13&Itemid=1

l'autore

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
Puoi trovare informazioni su di me ed i miei contatti sul mio sito personale, compresi i link a tutti i social, mentre qui mi limito a raccogliere da oltre quattro lustri i miei pensieri sparsi.
Buona lettura.

di Matteo Flora

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
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