Perché bloccare la pubblicità politica su Twitter non serve (ed è dannoso)

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Sarò un inguaribile paranoico, ma non riesco in alcun modo ad essere entusiasta per la scelta di Jack Dorsey di impedire alla politica dalla possibilità di fare pubblicità su Twitter.

Poco consola il fatto che a quanto pare non sia nemmeno l’unico a fare alcune delle riflessioni, ma al contrario di tanti pseudo-guru della rete che osannano la scelta come una sorta di epifania trasformazionale dell’intero ecosistema digitale, ritengo personalmente la dichiarazione di Dorsey poco più di una frase ad effetto per prendere consensi, fare “purpose washing” senza in realtà in alcun modo intaccare le dinamiche tossiche della piattaforma.

Innanzitutto quello che potrebbe essere percepito come un “gran sacrificio” non è nient’altro che un utile da questo tipo di azione assolutamente ridicolo, se è vero che Facebook, molto più attivo nel settore, dichiarava poco tempo fa

…as with Twitter, political adverts were not a major revenue stream at Facebook, representing “less than 0.5% of our revenue next year”.

Dichiarazione al Guardian

Ma questa aura da nuovo santo immolato sull’altare del Purpose è sicuramente un ottimo specchietto per sviare l’attenzione dai veri problemi, che non si vogliono assolutamente toccare.
Utenti Fake, le dinamiche di brigading, le reti di bot e di inauthentic behaviour e gli state-sponsored attacks sono il vero problema della ingerenza politica della piattaforma, e non passano certamente attraverso operazioni che richiedono alcun tipo di pubblicità a pagamento.
E la polarizzazione (o meglio auto-polarizzazione) sulla rete passa non già attraverso i banner pubblicitari, che tutti e soprattutto le nuove generazioni hanno ben imparato ad evitare, ma soprattutto attraverso la creazione di un consenso algoritmico che la piattaforma non tocca in alcun modo con queste sparate sensazionalistiche.

Lasciando sul piatto non solo un budget di pubblicità che è praticamente nullo, come già visto, ma che diventa comunque sempre più costoso gestire e controllare viste le normative sempre più stringenti di moltissimi stati sullo spending pubblicitario online.

Probabilmente vale la pena di ricordare: la politica e propaganda online (e specialmente con Twitter) NON si fa con Advertising, ma con botnet e sistemi automatizzati. E se dobbiamo capire quali sono le misure da prendere per evitare scandali come quello di Cambridge Analytica la risposta non è vietare la pubblicità politica, ma vietare il micro-targenting. Punto.

e dobbiamo capire quali sono le misure da prendere per evitare scandali come quello di Cambridge Analytica la risposta non è vietare la pubblicità politica, ma vietare il micro-targenting.

Matteo Flora

E nel frattempo, con una manovra inutile e di effetto “scandalistico” o, come direbbe un sovranista qualunque “buonista”, si cancella con un colpo di spugna quasi fascista al contempo elimina – con la definizione “larga” che si da del termine “politica” – la possibilità per le piccole realtà DAVVERO legate al #purpose di poter in alcun modo utilizzare budget “umani” (qualche migliaio di euro) per poter rendere visibili le loro campagne.

Quindi, in brave: cosa diamine state festeggiando?

l'autore

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
Puoi trovare informazioni su di me ed i miei contatti sul mio sito personale, compresi i link a tutti i social, mentre qui mi limito a raccogliere da oltre quattro lustri i miei pensieri sparsi.
Buona lettura.

di Matteo Flora

Matteo Flora

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