Se dai spazio a critiche o un assassino per promulgare le sue idee, sei semplicemente suo complice e connivente, perché il mezzo non è – e non è mai stato – neutrale.
Ciao, Internet! Nelle ultime ore mi sono trovato a discutere spesso con un po’ di amici su la neutralità del mezzo e su come questa non esista quando tu manipoli la visibilità. È un discorso complesso perché dà responsabilità, anche importanti, a chi decide di dare visibilità ad argomenti di frangia, violenti, falsi.
Il mezzo che propone non è mai neutrale
Mi sono trovato nella condizione di chiacchierare del tema per due motivi in particolare: la prima perché è un “cosiddetto” ricercatore ci ha abbandonati, uno pseudo-ricercatore che ha promulgato un un metodo di cura totalmente fantasioso e che ha portato alla morte una serie di persone, e l’altro motivo è che un paio di persone che conosco abbastanza bene da considerarle quasi amici si sono trovate in un’intervista online fare quattro chiacchiere l’uno con l’altra e hanno promulgato questa idea – nel mezzo del discorso – che mi ha terrorizzato: “a un certo punto del noi diamo visibilità, noi facciamo parlare tutti perché è solo così che si innesta il dibattito e le persone poi decideranno autonomamente”.
Lo so potrei fare grandi visualizzazioni e grandi numeri mettendola in caciara – oggi si dice dissing se vuoi essere alla moda – piazzando i tre nomi nel titolo e arrivare in testa alle classifiche…
Non lo faccio per due motivi principali: il primo perché sono persone che hanno fatto una serie di cazzate negli ultimi anni, ma come ne fanno tutti e come ne ho fatte io, che ritengo amici (tranne lo pseudo-ricercatore. Quello no.) e l’altro motivo ben più importante è perché il fatto di nominarli toglierebbe al discorso generale che voglio fare, ed il discorso è molto più importante della polemica.
Visibilità e censura
Negli ultimi anni, non so bene perché, si è venuta a creare questa sorta di equipollenza nel parlato e nella “mente collettiva” tra il negare visibilità su un canale ad alto traffico (in talk show, una intervista, un giornale, un programma televisivo..) e il voler censurare. In altre parole il decidere di non dare volontariamente visibilità a un fenomeno o a una persona equivale, nella boxe popoli, al censurare.
C’è una differenza madornale, sterminata, direi quasi pantagruelica tra il censurare il decidere di non cedere la propria visibilità di non promuovere, ma per capirlo meglio analizziamoli singolarmente.
Il censurare è decidere di impedire che qualcuno abbia la possibilità di esprimersi rimuovendo la sua voce o i suoi contenuti da dove li ha decisi di pubblicare. È una misura su cui possiamo anche discutere per ore, che secondo me ha regione di estere e di essere attivata nei casi in cui la tua voce porta violenza, ad esempio nel caso di terrorismo o incitamento a compiere un reato, ma non c’entra assolutamente e categoricamente nulla con il discorso di cui parliamo oggi, quello dello spazio e della visibilità.
Perché il discorso di visibilità non comporta il togliere da online un contenuto che è presente – se questo non viola le leggi – ma parla della opportunità e responsabilità di promuovere ed invitare a una trasmissione e dare spazio ad una persona o ideologia. In questo caso sto andando ben oltre al mero desiderio – o non – di censurare o non censurare, ma sto utilizzando attivamente la mia influenza, il mio pubblico, la mia visibilità maturata in anni e costruita su un consenso per promuovere in modo acritico una weltanschauung,l una visione del mondo. In questo caso, acriticamente, quella di quella persona o della ideologia che ho di fronte a me.
C’è sicuramente spazio per le storie di redenzione e pentimento, e c’è spazio anche per l’approfondimento e la critica delle situazioni (“alla Report”), portando oltre alla ideologia e/o idea e/o persona la mia visione. In quel caso io la mia visibilità, la metto al servizio, nel confutare quella tesi, ma decidere di dare visibilità senza commenti, dare visibilità in maniera piana, dare visibilità senza dibattito, senza la mia visione semplicemente lasciando parlare l’altra persona di tutto quello che vuole e faccio all’interno dei miei spazi con la mia audience significa in tutti i sensi possibili e immaginabili promuovere attivamente quella ideologia/persona/idea.
L’alterazione volontaria delle Visibilità
Perché il non confutarla in virtù di uno sciocco ragionamento “il pubblico poi deciderà” le dà ancora più visibilità e forza, e il fatto che io decida acriticamente di non prendere una posizione significa fare in modo che il mio seguito e la mia popolarità diventi soggetta a quella idea e che, nella pratica, io diventi formalmente fautore e portatore di quella visione. La visibilità e la promozione non è mai, mai, mai neutrale.
Ripetiamolo per chiarezza dare visibilità, pubblico, promozione di un determinato tipo di contenuto è una distorsione della realtà fattuale: quello che prima era un caso isolato in un angolo, in questo momento diventa assolutamente visibile a milioni di persone. La perturbazione della visibilità, l’alterazione della visibilità, è una espressa decisione di promuovere quel contenuto, aderendo implicitamente al messaggio e consentendo che la mia visibilità possa essere utilizzata per quella promozione.
Dare visibilità, pubblico, promozione di un determinato tipo di contenuto è una espressa decisione di promuovere quel contenuto, aderendo implicitamente al messaggio e consentendo che la mia visibilità possa essere utilizzata per quella promozione.
È arrivato il momento di capirle che come le grandi piattaforme vengono messe sotto fuoco di fila quando pongono un contenuto in prima pagina rilanciandolo (come Google con il negazionismo dell’olocausto o Youtube promuove un attentatore) anche i mezzi di informazione debbono essere responsabilizzati per la visibilità che alterano.
La banalità del male
E non parlo della “ricerca individuale” di contenuti o di responsabilizzare per la presenza, parlo di muoversi attivamente per proporre determinate ideologie/persone/idee. Se già il solo proporle in posizione predominante per per il fatto di essere molto discusse genera problemi non indifferenti (se volete c’è una mia spiegazione del fenomeno della auto-radicalizzazione), dobbiamo capire che dare loro spazio acritico sui giornali, in trasmissioni televisive, in un blog, in qualunque posto in cui ho una visibilità che ho creato sposta la visibilità del contenuto e mi pone ad abbracciare quell’ideologia e di fatto a promuovere che venga conosciuta ed eventualmente perseguita.
Credo fermamente sia necessario capire tutto questo, perché per fare sì che il male vinca non è necessario che i buoni diventino malvagi, ma è sufficiente che i buoni stiano zitti in modo acritico.
Magari facendo solamente quattro chiacchiere con l’assassino…